Risarcimento ex art. 6, d.lgs. 231/2002: La corte di giustizia europea convince i giudici italiani?
Il ritardo nei pagamenti è un problema diffuso che mette in difficoltà aziende e professionisti, rallentando il flusso di liquidità e compromettendo la stabilità finanziaria di molti operatori economici. Per chi subisce questi ritardi, non si tratta solo di un fastidio, ma di un vero e proprio costo: spese per solleciti, tempo perso e, in alcuni casi, mancati incassi che possono diventare irreparabili
Proprio per contrastare quest’abitudine dannosa, l’Unione Europea e il legislatore italiano hanno introdotto strumenti di tutela per i creditori: tra questi, spicca senz’altro il risarcimento forfettario di cui all’art. 6, comma 2, D.lgs. n. 231/2002 (modificato dal D.lgs. n. 192/2012 in recepimento della Direttiva Europea 2011/7/UE), una misura pensata per garantire un minimo ristoro e per incentivare una maggiore puntualità nei pagamenti. Nello specifico, la norma garantisce ai creditori un risarcimento forfettario di Euro 40,00 per i costi di recupero del credito; e ciò in completo automatismo, senza che sia necessaria una specifica messa in mora e in aggiunta agli interessi di mora già previsti per il ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali.
Ma come viene applicata in concreto tale previsione normativa?
L’Unione Europea, in riscontro alle “FAQS” formulate in relazione alla portata del predetto art. 6, ha espressamente dichiarato sin da subito che tale importo “è dovuto per ciascuna fattura non pagata”, perfino se la richiesta di pagamento deve essere fatta in relazione a una molteplicità di fatture emesse nei confronti del medesimo debitore.
Tale principio è stato confermato anche dalla Corte di Giustizia Europea che in data 20/10/2022 ha emanato una sentenza interpretativa sul tema, chiarendo che (i) l’importo forfettario di Euro 40,00 è dovuto per ogni singola transazione commerciale documentata in una fattura, anche quando queste siano incluse in un’unica azione di recupero crediti; (ii) il diritto al risarcimento sorge automaticamente alla scadenza del termine di pagamento e non è subordinato ad alcun requisito formale di sollecito o messa in mora. Con successiva sentenza del 01/12/2022 la Corte ha quindi escluso interpretazioni che limitino il diritto del creditore a un unico risarcimento forfettario in caso di più fatture insolute o di cessione in massa dei crediti, rilevando come una riduzione di tale diritto equivarrebbe a privare di effetto utile la normativa europea, che mira non solo a disincentivare i ritardi nei pagamenti ma anche a tutelare il creditore, garantendogli un risarcimento per i costi effettivamente sostenuti.
Nel concreto, quindi – considerato che la norma opera automaticamente per la sola circostanza del ritardato pagamento di una fattura, fosse anche di un solo giorno – la stessa troverà senz’altro applicazione in tutti quei casi in cui il rapporto cliente e fornitore si è deteriorato e si ricorra alle vie giudiziali. In tale contesto, infatti, l’art. 6 ha sicuramente una piena e totale efficacia inquantoché, nel caso di lite giudiziaria (e, quindi, di rapporti commerciali fra le parti già deteriorati), non vi è motivo di dubitare sull’applicazione automatica di tale clausola, senza che il debitore possa opporre alcunché e senza che sia necessaria un’apposita nonché specifica messa in mora. In definitiva, l’applicazione dell’art. 6, D.lgs. 231/02 è fondata sulla automatica debenza degli importi in questione per il solo fatto del ritardo imputabile al debitore, rispetto al quale non si rinviene nel testo di legge, quale esimente, l’impossibilità soggettiva e/o l’inesigibilità del credito rimasto insoluto.
Nonostante l’apparente chiarezza della normativa e delle pronunce della CGUE, la giurisprudenza nazionale continua, però, a evidenziare una rilevante frammentazione interpretativa, riscontrabile addirittura tra magistrati della medesima sezione del medesimo Tribunale.
Alcuni Giudici, discostandosi dai principi sopra illustrati, hanno infatti ritenuto che l’importo forfettario di Euro 40,00 debba essere calcolato in relazione al credito complessivo (e non, quindi, per ogni singola fattura) ovvero che, addirittura, tale importo non debba essere proprio riconosciuto in favore del creditore. Tali pronunce si fondano principalmente sulla natura unitaria delle attività di recupero dei crediti, soprattutto nei casi di cessione massiva (cfr. sentenze Trib. Catanzaro 27/07/2022, n. 1057; Trib. Pavia 02/12/2021, n. 1518; Trib. Frosinone 01/02/2023, n. 129/2023); su una presunta indebita duplicazione di poste aventi analoga funzione, quali il risarcimento in esame e gli interessi moratori (cfr. sentenza Trib. Cosenza, 14/10/2024, n. 1960); sulla circostanza per cui il debitore ha spontaneamente provveduto, seppur in ritardo, al pagamento delle fatture azionate, senza che il creditore abbia dovuto svolgere alcuna attività di recupero, con conseguente non debenza del rimborso forfettario richiesto in quanto relativo a costi “non sostenuti” (cfr. sentenze C. Appello Genova 25/03/2024, n. 467; Trib. Modena 18/04/2024, n. 774; Trib. Oristano 29/01/2024, n. 44).
Molti Tribunali, viceversa, hanno pienamente riconosciuto il diritto al risarcimento per ogni fattura non pagata entro la scadenza del relativo termine di pagamento, uniformandosi con quanto stabilito dalla CGUE (cfr. sentenze Trib. Trani 12/09/2024, n. 1299; Trib. Vibo Valentia 29/07/2024, n. 403; Trib. Velletri 18/06/2024, n. 1389; Trib. Frosinone 06/08/2024, n. 800; Trib. Tivoli 18/07/2024, n. 923; Trib. Oristano 06/05/2024, n. 175; Trib. Sassari 26/04/2024, n. 529; Trib. Macerata 21/02/2024, n. 183; Trib. Oristano 21/02/2024, n. 82; Trib. Oristano, 14/12/2023, n. 660; Trib. Cosenza 09/12/2023, n. 2038; Trib. Nola 20/11/2023, n. 3000).
Autorevole giurisprudenza ha in particolare confermato che l’importo di Euro 40,00 debba essere conteggiato con riferimento a ciascun debito non correttamente adempiuto e, quindi, a ciascuna fattura per la quale viene accertato un credito e non, invece, per ciascuna richiesta di pagamento. Il tenore letterale della disposizione, infatti, ricollega tale posta risarcitoria al debito non tempestivamente pagato e, quindi, necessariamente alla singola scadenza di pagamento, ossia la fattura (Trib. Milano 12/01/2022, n. 119). Quanto, poi, al rilievo secondo cui si finirebbe per incrementare surrettiziamente il tasso degli interessi moratori, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che il risarcimento forfettario debba essere inteso come ulteriore posta debitoria – oltre gli interessi moratori – che il soggetto obbligato si troverà a dover corrispondere ogniqualvolta maturi un ritardo nell’adempimento di ciascuna singola obbligazione (Trib. Pescara 26/11/2021, n. 1496/2021).
D’altra parte, soltanto optando per tale lettura della norma, essa può di fatto costituire un deterrente ai lunghi ritardi negli adempimenti, posto che nell’ambito di transazioni commerciali di lunga durata l’esiguo importo di Euro 40,00 – se applicato su ciascuna singola fattura – può svolgere davvero una concreta funzione deterrente e disincentivare, quindi, i fruitori di prestazioni e di servizi ad incorrere in lunghe more. La finalità di impedire – o quantomeno scoraggiare – il maturare di ritardi nell’adempimento delle obbligazioni inerenti le transazioni commerciali non potrebbe infatti essere perseguita laddove l’entità del risarcimento dovesse ritenersi pari ad Euro 40,00 sull’intero importo del credito, posto che detta somma non andrebbe minimamente ad incidere su posizioni debitorie di rilevante entità.
In definitiva, quindi, l’art. 6, comma 2, D.lgs. n. 231/2002 rappresenta uno strumento normativo cruciale per tutelare i creditori commerciali, ma la sua applicazione è ancora soggetta a interpretazioni divergenti.
Alla luce delle pronunce europee e di una parte della giurisprudenza italiana favorevole al credito frazionato per ogni fattura insoluta, è essenziale predisporre un’azione legale ben argomentata e documentata, al fine di superare eventuali resistenze interpretative nei Tribunali meno inclini al riconoscimento del risarcimento.
Sicché, sulla base della prassi sviluppatasi finora sul punto, per avere buone possibilità di vedersi riconoscere il risarcimento previsto dall’art. 6, comma 2, D.lgs. n. 231/2002, risultano fondamentali i seguenti elementi:
1) Completezza delle allegazioni: il creditore deve produrre i contratti e le fatture relative alle transazioni commerciali oggetto di ritardo;
2) Prova del credito: è opportuno che il creditore offra documenti idonei a dimostrare l’esistenza del credito e il mancato pagamento entro i termini;
3) Chiarezza argomentativa: il creditore ha l’onere di illustrare l’origine della richiesta, richiamando la normativa nazionale e i precedenti favorevoli, incluse le sentenze della CGUE.