La sostenibilità nelle filiere: oltre Environmental e Social, la buona Governance
Il pressante dibattito sui temi della sostenibilità delle aziende coinvolge anche le filiere che, a loro volta, devono essere sostenibili. Fra le più grandi sfide poste dall’adesione al framework ESG, vi è quella di guidare la transizione verso modelli sostenibili non solo della propria azienda, ma anche della propria filiera. Le grandi imprese appaiono ormai pienamente consapevoli del proprio ruolo di leader di filiera e sempre più mettono la propria influenza al servizio della transizione ESG, adottando misure e strumenti tali da accompagnare anche i fornitori in questo processo. Il Supply Chain Finance può svolgere un ruolo importante nel perseguimento degli obiettivi ESG, con particolare riferimento ai rapporti con i fornitori e gli stakeholder. L’attenzione degli operatori è spesso focalizzata sulle prime due lettere dell’acronimo “ESG” (Environmental e Social), mentre la “G” di Governance risulta più sfuggente da comprendere e declinare
In questo numero di F&N, il Presidente di ConfindustriaSI, Carlo Berardelli, ricorda come dall’Europa arrivi una sempre più pressante spinta ad innovare e digitalizzare il business, mantenendo la sostenibilità al centro di questo processo.
Fra le più grandi sfide poste dall’adesione al framework ESG, vi è quella di guidare la transizione verso modelli sostenibili non solo della propria azienda, ma anche della propria filiera. Le grandi imprese appaiono ormai pienamente consapevoli del proprio ruolo di leader di filiera e sempre più spingono la propria influenza al di là degli ambiti puramente economici, adottando misure e strumenti tali da accompagnare anche i fornitori in questo processo.
Fra gli strumenti a disposizione di queste aziende, vi è sicuramente anche il Supply chain finance, che può agevolare i fornitori che si conformano ai requisiti di sostenibilità attraverso soluzioni che prevedono meccanismi di accesso o condizioni premiali ad essi collegati.
Come ci ricordano, nei rispettivi articoli pubblicati in questo numero, Federico Caniato, Antonella Moretto, Alessio Ronchini e Pietro Bartolini, il mercato del Supply chain finance è cresciuto nel 2022 a ritmi elevati e prosegue la sua corsa anche nei primi mesi del 2023, trainato anche da soluzioni orientate a supportare la transizione sostenibile, in varie forme.
Ad oggi, l’attenzione degli operatori, anche nello sviluppare tali soluzioni, è spesso focalizzata sulle prime due lettere dell’acronimo “ESG” (Environmental e Social), mentre la “G” di Governance risulta più sfuggente da comprendere e declinare, in particolare nella prospettiva del Supply chain finance. In questo compito, può aiutare richiamare alcuni passaggi dei Principi di Corporate Governance elaborati dal G20-OCSE, secondo i quali la “buona” governance dovrebbe promuovere mercati equi e trasparenti, nonché l’efficiente allocazione delle risorse, e allo stesso tempo assicurare una accurata e tempestiva informativa su tutte le questioni materiali relative all’impresa, inclusa la situazione finanziaria.
Con questi profili in mente, si può sostenere che un programma di Supply chain finance possa essere considerato “sostenibile”, sotto il profilo della Governance, quando assicura trasparenza ed equità nel trasferimento del valore fra gli attori della filiera, contribuendo alla prosperità di tutti gli stakeholder. Nella ricerca dell’equità all’interno delle relazioni di filiera, il tema dei pagamenti acquisisce quindi un ruolo centrale: non a caso la Commissione Europea ha ribadito di recente la necessità di una applicazione ancor più rigorosa della Direttiva contro i ritardi di pagamento, oggi oggetto di revisione. Sul punto, in questo numero, Marco Preti presenta una analisi delle performance delle aziende italiane rispetto a quelle internazionali, sulla base dell’annuale Studio Pagamenti di CRIBIS.
In questa accezione, se un grande buyer utilizza un programma di Supply chain finance meramente come un metodo per migliorare il proprio capitale circolante netto, attraverso l’estensione dei termini di pagamento e con scarsi benefici (se non costi aggiuntivi) per i fornitori, tale programma difficilmente può essere considerato “sostenibile”.
Un ruolo importante nella ricerca della buona governance, come detto, può essere svolto dalla disclosure. Su pressione degli analisti delle società di rating e rispondendo ai timori di questi ultimi che il ricorso al Supply chain finance possa celare delle passività finanziarie non incluse nel debito, sia il FASB che lo IASB hanno avviato un processo di aggiornamento dei rispettivi principi contabili per includere un significativo grado di disclosure di queste operazioni.
Ancorché una opportuna disclosure sia parte integrante delle buone pratiche di corporate governance, occorre sottolineare come in questo caso i costi di compliance risultino spesso assai significativi per il buyer e probabilmente maggiori del valore aggiunto dell’informazione (nell’ipotesi che il buyer abbia già fedelmente riclassificato, quando dovuto, le connesse passività). Inoltre, l’assenza di certezze sull’utilizzo che gli analisti faranno di queste informazioni può potenzialmente scoraggiare alcuni leader di filiera a lavorare su questi programmi, con effetti negativi sulla intera catena del valore sia dal punto di vista finanziario che dal punto di vista della sostenibilità.
Il pressante dibattito sui temi della sostenibilità sta sempre più facendo emergere molteplici sentieri, che potranno portare a disegnare filiere “pienamente sostenibili” (in altre parole, sostenibili sotto tutti i profili dell’ESG). Il Supply chain finance può svolgere un ruolo importante nel perseguimento di diversi obiettivi rispetto al profilo ambientale, a quello sociale e nel “buon governo” dell’azienda, con particolare riferimento ai rapporti con i propri fornitori e i propri stakeholders.