Il mercato bancario e finanziario cinese oggi

La Cina è un Paese molto complesso e ciò che vi avviene non è sempre chiarissimo. Questa affermazione vale anche per il sistema bancario e finanziario, che – come fatalmente accade in un paese che conta circa un miliardo e mezzo di persone e che mira a diventare la prima economia mondiale – ha una serie di aspetti qualitativi e quantitativi con un’importanza che va ben aldilà dei confini nazionali

Per conoscere tali aspetti ho fatto ricorso alla stampa specializzata a livello internazionale, che in questi ultimi tempi li ha trattati con grande attenzione e che cerco di illustrare in questa sede anche per aiutare coloro, e sono tanti, che pensano di investire in strumenti finanziari emessi e negoziati nei mercati cinesi.

Nel complesso detta stampa tende a sottolineare una serie di fenomeni negativi, i quali dimostrerebbero che tali mercati vanno approcciati con molta cautela.
Fra di essi spicca il fatto che la Banca centrale cinese ha forti problemi di trasparenza, non sempre varia razionalmente i tassi di interesse e prende decisioni di politica monetaria in gran parte scollegate da considerazioni concernenti le previsioni sull’andamento del ciclo economico nazionale. È quindi difficile conoscere le sue strategie, che sono finora state prevalentemente difensive specie di fronte ad andamenti negativi dell’economia reale e finanziaria. Ciò ha conseguenze di rilievo sulla posizione internazionale della moneta cinese, il rembimbi. Anche la mancata previsione statutaria dell’indipendenza e il relativamente non eccelso status informale e politico del governatore della banca centrale limitano le possibilità di intervento di quest’ultima sia all’interno del paese sia su scala globale.

Eppure, il bisogno di una banca centrale forte e attiva è molto sentito specie perché lo stato di salute delle singole banche sottoposte alla sua vigilanza non è dei migliori. Alcune di esse, specie di grandi dimensioni, sono già entrate in crisi e diverse decine di quelle rurali e di dimensioni modeste sono state recentemente salvate solo con la loro entrata in gruppi bancari relativamente più grandi e più potenti.

Tra le cause della generalizzata non brillante situazione delle banche cinesi vi è la qualità dei loro portafogli crediti, specie quelli destinati al settore immobiliare, che continua a pregiudicare la loro redditività, peraltro in presenza di rilevanti squilibri fra le scadenze dell’attivo e quelle del passivo, che condizionano la relativa liquidità.

A quest’ultimo proposito e temendo un peggioramento della situazione, connesso anche alle crescenti difficoltà che caratterizzano ormai da diverso tempo l’intera economia cinese, le grandi banche stanno emettendo obbligazioni postergate che possano assorbire le perdite che eventualmente potrebbero manifestarsi nei loro bilanci e salvare quindi i depositanti. Molti commentatori presumono tuttavia che questo non sia sufficiente e si comincia a parlare di un possibile intervento dello Stato non solo per facilitare la soluzione delle crisi, ma anche per prevenirle.

Questi problemi sono molto più gravi nel comparto delle shadow bank , i cui disastri continuano ad essere molti e molto grandi. Ciò che ha maggiormente impressionato non solo l’economia cinese, ma anche la finanza internazionale, è stata la crisi di Evergrande.

Non torno su di essa, che risale ormai ad alcuni anni fa e che penso sia ben nota, ma ricordo che ha riguardato una shadow bank di grandissima dimensione coinvolta massicciamente nel finanziamento delle costruzioni e delle vendite di milioni di abitazioni finanziate essenzialmente con il ricorso all’indebitamento che arrivò a superare i 300 miliardi di dollari, ad essa concessi da un insieme di circa 130 banche nazionali ed estere.

La crisi del mercato immobiliare non assicurò più il rimborso integrale e puntuale dei crediti in essere ed Evergrande finì in stato fallimentare, creando enormi problemi ai creditori, fra i quali, oltre alle banche prima ricordate, si trovavano anche i sottoscrittori di Bond classati nel mercato internazionale presso primari intermediari finanziari. Il governo intervenne e cercò di gestire la crisi in modo da ridurre al limite le sue conseguenze sui creditori, ma a distanza di qualche anno essa non è ancora stata risolta. La complessità delle procedure del tentativo di risoluzione, la scarsa trasparenza della documentazione diffusa in materia, le difficoltà dei creditori internazionali nel far valere i propri diritti e altri fenomeni ad essi connessi hanno in effetti reso detta risoluzione tecnicamente molto problematica e l’hanno prolungata, al punto che la sua fine non è ancora per nulla chiara.

Si pensava che quella vicenda avesse fornito insegnamenti importanti e che crisi del genere non si sarebbero più ripresentate, ma qualche mese fa una situazione del tutto simile ha riguardato un’altra shadow bank, chiamata Zhongzhi, le cui passività avevano raggiunto al momento della crisi circa 65 miliardi di dollari a fronte di circa 20 miliardi di dollari di attività, peraltro di dubbio realizzo perché costituite, come nel caso precedente, soprattutto da beni immobili il cui mercato continuava ad essere molto problematico. Si pensi che nel complesso la crisi di quel mercato ha finora distrutto circa 18 trilioni di dollari di ricchezza delle famiglie cinesi. Anche per Zhongzhi è stata messa in atto una procedura di risoluzione complessa, nella quale i creditori si trovano molto malmessi non sapendo esattamente quali siano e come possano essere fatti valere i loro diritti.

La scarsa trasparenza delle vicende testé accennate ha messo in difficoltà anche le società di revisione di molte shadow bank loro clienti e quella di Evergrande è stata addirittura sospesa dall’esercizio della sua funzione.
Nonostante tutto ciò il mercato cinese dei Bond sta continuando ad attirare molti investitori soprattutto internazionali, i quali hanno massicciamente comprato soprattutto quelli emessi dallo Stato e dalle banche, convinti che i loro rendimenti rimarranno interessanti anche per la bassa inflazione che continua a caratterizzare il paese. Molti temono in verità una vera e propria bolla del mercato in questione, nei confronti del quale la banca centrale rimane peraltro per il momento solo a guardare anche perché è convinta che una riduzione dei tassi di interesse, come quella fatta recentemente, potrebbe dare un piccolo segno di fiducia all’economia, ma non riuscirebbe purtroppo a modificarla sostanzialmente.

In conclusione, il mercato bancario e finanziario cinese sta vivendo un momento non facile e di questo dovrebbero tener conto gli investitori, i quali non dovrebbero poi lamentarsi più di tanto se loro eventuali non approfondite scelte di intervento nell’ambiente prima delineato si rivelassero errate.