Il factoring crea valore e dimostra una robusta cultura del rischio

La performance economica complessiva degli operatori factoring è positiva e in miglioramento, con il ROE che supera nel 2023 il 10%. Il settore del factoring ha creato per molto tempo valore per i propri azionisti, manifestando una grande maturità e una robusta cultura del rischio. Ne traggono vantaggio gli azionisti ed anche i clienti che possono godere delle continue spinte innovative di processo e di prodotto

In base all’anteprima sui dati dell’Osservatorio Ossfin Sda Bocconi, presentati in questo numero di Fact&News dal prof. Pierpaolo Ferrari, l’esercizio 2023 si presenta per il settore del factoring come positivo non solo nella prospettiva dell’andamento dei volumi di mercato ma anche in quella degli equilibri di gestione, espressi dall’analisi dei bilanci.

Il rapporto Ossfin si basa sui dati pubblici di bilancio e dunque riguarda gli intermediari finanziari e le banche specializzate (anche se non sempre in modo esclusivo) nell’attività di factoring, e non le banche generaliste, pur protagoniste anch’esse del mercato del factoring, per l’evidente impossibilità di individuare nei loro bilanci i dati rilevanti.

La performance economica complessiva degli operatori è positiva e in miglioramento rispetto al 2022. In particolare, il ROE supera, per la prima volta negli ultimi 6 anni, il 10%, fra l’altro con una dispersione di risultati tra le diverse società più bassa che in passato, in presenza di una leva finanziaria relativamente stabile, almeno negli ultimi 3 anni, e pari a circa 11 volte (totale attivo su mezzi propri).

Certo le banche hanno conseguito nel 2023 un ROE medio di oltre il 12%, ma ciò ha riguardato essenzialmente le banche significative, mentre le altre, di dimensioni più comparabili con i factors, sono su valori inferiori al 10%, in ogni caso con una leva finanziaria un po’ più elevata.

In ogni caso occorre considerare che, al di là della congiuntura recente, il settore del factoring ha creato per molto tempo valore per i propri azionisti, sia direttamente, con un percorso continuo di buoni risultati economici, in misura più stabile nel tempo rispetto ai risultati conseguiti dal sistema bancario, sia indirettamente attraverso la messa a disposizione dei soci, banche e imprese non finanziarie, dei propri servizi rivolti alla clientela del gruppo.

Nel caso del contributo diretto, derivante dal valore economico creato, ciò è avvenuto, come dimostra l’analisi del campione costante del rapporto Ossfin, dalla combinazione virtuosa delle diverse componenti di reddito nelle diverse fasi congiunturali: dinamica dei margini di interesse, incidenza delle commissioni di factoring, controllo dei costi operativi, entità delle rettifiche sui crediti.

È interessante notare che mantenere equilibri di gestione soddisfacenti per tempi non brevi, in presenza di modelli di business di fatto concentrati su un’unica linea di prodotti/servizi (appunto il factoring), è sintomatico di una grande maturità del settore e di una robusta cultura del rischio che, come segnala anche un recentissimo report della BCE (Draft guide on governance and risk culture, luglio 2024), è una caratteristica essenziale di un’organizzazione ben funzionante.

Ne traggono vantaggio gli azionisti ma forse, specie in questo momento storico, anche e soprattutto i clienti, che possono godere delle continue innovazioni sul fronte dei servizi di onboarding e di gestione, introdotte dal settore del factoring, specie in ambito fintech, e dalla continuità dell’offerta di credito, decisamente più soddisfacente di quanto siano state in grado di fare le banche, a costi sempre contenuti, ancora una volta nel confronto con gli strumenti creditizi tradizionali.

Tutto ciò andrebbe tenuto presente nel mettere a terra la normativa europea di cui si discute attualmente (possibile regolamento sui tempi di pagamento dei debiti commerciali) e il nuovo impianto prudenziale per le banche e gli intermediari finanziari, che non considerano adeguatamente le specificità del factoring, specie nell’ambito dei crediti acquistati vantati verso le pubbliche amministrazioni.

Il factoring probabilmente, come insegna l’esperienza del passato, troverà comunque i propri equilibri di gestione anche in questo scenario sfavorevole, ma le imprese? Forse in questo caso la risposta non è scontata e potrebbe essere preoccupante.