Focus SCF e comportamento dei debitori
Questo nuovo numero di Fact&News si presenta in veste editoriale e grafica rinnovata, per consentire ai nostri lettori di essere sempre aggiornati sul mondo del factoring e di consultare con facilità i contenuti della newsletter. Esso si occupa in particolare di supply chain finance (SCF), reverse factoring e comportamento dei debitori, con i contributo di Federico Caniato, Antonella Moretto, Agostino Bonzani e di Francesca Querci e l’aggiornamento dell’indagine Assifact sui comportamenti di pagamento dei debitori ceduti.
Questo nuovo numero di Fact&News si presenta in veste editoriale e grafica rinnovata, per consentire ai nostri lettori di essere sempre aggiornati sul mondo del factoring e di consultare con facilità i contenuti della newsletter.
Esso si occupa in particolare di supply chain finance (SCF), reverse factoring e comportamento dei debitori, con i contributo di Federico Caniato, Antonella Moretto, Agostino Bonzani e di Francesca Querci e l’aggiornamento dell’indagine Assifact sui comportamenti di pagamento dei debitori ceduti.
L’attenzione è concentrata sulle soluzioni che consentono a un’impresa di finanziare il proprio capitale circolante, facendo leva sul ruolo svolto all’interno della Supply Chain in cui opera e delle relazioni con gli altri attori della filiera.
Il SCF è in crescita (+10% circa secondo i dati più recenti), in uno scenario di contenimento dei volumi delle operazioni di factoring tradizionali, che scontano l’andamento e le prospettive non certo rosee della nostra economia.
Negli ultimi anni si è avviato un dibattito internazionale sul trattamento contabile di queste operazioni, con particolare riguardo alle modalità di rappresentazione delle passività connesse al pagamento di beni e servizi ricevuti quando la relativa fattura è parte di un accordo di reverse factoring e a quali informazioni circa l’accordo di reverse factoring dovrebbero essere rese trasparenti nel bilancio.
Come già segnalato nell’ultimo numero di F&N, nel mese di dicembre 2020 una Commissione che si occupa degli International Financial Reporting Standards ha pubblicato un documento che contiene indicazioni in particolare rispetto alla classificazione, da parte del buyer/ debitore, delle relative esposizioni fra le passività finanziarie anziché come debiti commerciali al ricorrere di determinati requisiti nonché rispetto alla natura dei relativi flussi di cassa e all’eventuale maggiore trasparenza nella nota integrativa. La Commissione non ha ritenuto necessario allo stato formulare specifici standard per questo tipo di transazione, considerando che il framework attuale fornisce già gli elementi di base per individuare le modalità di rappresentazione. In ogni caso, il dibattito è aperto considerato che la classificazione e il grado di trasparenza richiesto sono funzione delle caratteristiche dell’accordo tra le parti e devono essere valutate caso per caso.
Il tema della disclosure è al centro anche di alcune recentissime news che riguardano un importante operatore finanziario basato in UK e in Germania, particolarmente attivo nel SCF e coinvolto nel packaging dei crediti commerciali ai fini del collocamento in fondi e abs destinati agli investitori.
Il SCF rappresenta una valida soluzione per molte imprese e mutua alcune peculiarità del reverse factoring, fattispecie collaudata da molto tempo nell’industria del factoring, che valorizza l’iniziativa del debitore da cui dipende, in buona misura, la qualità dei crediti.
Quest’ultima, come in tutte le operazioni di asset based lending, è fondamentale e consente anche a imprese con contenuto standing creditizio (ad esempio le pmi) di finanziare il proprio capitale circolante, messo a dura prova nell’attuale scenario economico.
Non può essere quindi il SCF di per sé ad essere messo in discussione ma semmai l’uso (distorto) che se ne fa. Non dimentichiamoci le vicende della cartolarizzazione, al centro delle critiche connesse alla grande crisi finanziaria culminata con il fallimento nel 2008 di Lehman Brothers, di fatto “congelata” per diversi anni, fino a che ci si è resi conto che si trattava di uno strumento fondamentale, che andava rivalutato. Celebre il paper pubblicato dalla BIS – Banca dei Regolamenti Internazionali nel 2011 “Securitization is not that evil after all” (la cartolarizzazione non è poi così diabolica), nel quale si metteva in evidenza che le banche possono annullare gli effetti negativi di alcune asimmetrie informative proprie della cartolarizzazione lavorando sulla qualità dei crediti (oggettiva e percepita dal mercato). Anche nel SCF la valutazione della qualità dei crediti è fondamentale e l’industria del factoring è altamente specializzata in tal senso. Quindi niente dilettanti (o peggio) nel SCF, please.