Facciamo convergere obiettivi e risultati
Da poco conclusa la nona edizione dell’EU Factoring Summit, riceviamo testimonianza della resilienza del settore e del suo costante impegno a sostegno delle imprese e dell’economia ma anche un quadro normativo e regolamentare che spesso ostacola e frena la possibilità degli operatori di supportare al massimo della potenzialità le imprese. Capita di osservare, con frequenza, l’utilizzo di strumenti o l’adozione di interpretazioni delle normative che portano a risultati divergenti dagli obiettivi della normativa stessa, generando situazioni paradossali. Ne sono un esempio le regole in tema di definizione di default applicate all’operatività in crediti commerciali, la proposta di revisione della normativa in materia di ritardati pagamenti, le pronunce giurisprudenziali inerenti all’attività di servicer per il recupero dei crediti nelle operazioni di cartolarizzazione e potenzialmente anche le normative sulla sostenibilità in assenza di proporzionalità applicative
Si è da pochi giorni conclusa la nona edizione dell’EU Factoring Summit, organizzata da EU Federation for the Factoring and Commercial Finance Industry (EUF) e FCI, che si è tenuta a Vienna nei giorni 21 e 22 marzo 2024.
Il forum tratteggia un settore europeo del factoring che, con i suoi 2,44 trilioni di euro di turnover, si conferma da molti anni leader a livello mondiale e in crescita del 2% rispetto all’anno precedente, e affronta gli argomenti di attualità e gli aggiornamenti normativi di maggiore impatto per il settore, dagli ultimi sviluppi della riforma CRR/Basilea III e della definizione di default (DoD) dell’ABE all’evoluzione digitale nel Trade and Commercial Financing, fino ai temi dello sviluppo sostenibile.
Ne emerge una testimonianza della resilienza del settore e del suo costante impegno a sostegno delle imprese e dell’economia ma anche un quadro normativo e regolamentare che spesso ostacola e frena la possibilità degli operatori di supportare al massimo della potenzialità le imprese.
Osserviamo infatti, con frequenza, il paradosso che gli strumenti o le interpretazioni delle normative portino a risultati che divergono dagli obiettivi della normativa stessa, generando situazioni che, per esempio, con l’obiettivo di tutelare le imprese ne riducono l’autonomia negoziale e di gestione del capitale circolante e ne rendono più difficile l’accesso al credito, oppure che per tutelare la stabilità degli intermediari ne inibiscono oltre ai ragionevoli livelli di copertura del rischio la possibilità di operare ed erogare finanziamenti.
Pensiamo al tema, a lungo dibattuto in sede EUF, della DoD che genera per l’operatività in crediti commerciali – in applicazione a meri tecnicismi di calcolo – un fenomeno di emersione di posizioni “deteriorate” non connesse a reali maggiori rischi di credito. Ciò causa maggiore assorbimento di capitale di vigilanza e, di conseguenza, minore possibilità per gli intermediari di finanziare le imprese o di farlo a condizioni di maggior vantaggio.
In sostanza… l’operazione è riuscita perfettamente ma la sorte del paziente è quanto meno incerta.
Un altro esempio di questo paradosso è ampliamente decritto nell’articolo di Francesco Sacchi in tema di revisione della normativa sui ritardi pagamento.
Con l’obiettivo di mitigare le criticità finanziarie, connesse ai ritardi negli incassi dei crediti, delle PMI nelle loro relazioni commerciali con le imprese più grandi, la proposta di regolamento europeo introduce una pesante limitazione dell’autonomia contrattuale.
Si prevede infatti un massimo di 30 giorni come termine contrattuale di pagamento che non appare in linea con le logiche alla base della politica di credito commerciale come leva commerciale, come strumento di supporto della clientela e come modalità di gestione del proprio capitale circolante e non garantisce la risoluzione del fenomeno dei ritardi di pagamento, potendo anzi portare a effetti opposti a quelli auspicati.
L’articolo degli avvocati Luciana Cipolla, Simone Bertolotti e Luca Sblendorio pone l’accento sulle diverse interpretazioni rese dai Tribunali di merito, estremamente restrittive, in materia di legittimazione o rappresentanza ad agire in capo ai c.d. servicer delegati all’attività di recupero e riscossione dei crediti e non iscritti all’albo previsto dall’art. 106 TUB, che portano a risultati opposti a quelli che la ratio della normativa intende tutelare.
Un recente intervento della Cassazione ha fatto chiarezza sul punto, statuendo in maniera opposta rispetto alle pronunce di merito e affermando che l’attività di riscossione/recupero dei crediti oggetto di cartolarizzazione in sede giudiziale può essere svolta anche da società non iscritte nell’albo previsto dall’art. 106 del TUB.
Sul fronte della sostenibilità, tema affrontato in questo numero con un articolo sulle principali evidenze emerse nella seconda indagine sulla sostenibilità del factoring effettuata da Assifact presso gli operatori del settore nei mesi di novembre e dicembre 2023, il quadro normativo è ancora in forte evoluzione, sono da tutti condivisi gli obiettivi di aumentare il presidio degli intermediari per i rischi climatico ambientali e favorire la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, convogliando le risorse finanziarie verso i settori a minore impatto ambientale.
Anche in questo caso, deve rimanere alta l’attenzione affinché gli strumenti e i tempi della transizione siano coerenti con le realtà operative e con le capacità delle imprese di affrontare il cambiamento.
La transizione implica investimenti e strutture di cui spesso le imprese di minori dimensioni sono carenti; dobbiamo quindi guidare il cambiamento e riorientare i finanziamenti senza penalizzare le PMI che nell’immediato non dispongono dei requisiti ESG.