La transizione dell’impresa verso la creazione di valore per tutti gli stakeholder: il ruolo del factoring

La Corporate Sustainability Due Diligence Directive e la Late Payment Regulation, di cui si è parlato ampiamente nell’Assemblea annuale di Assifact del 26 giugno, contribuiscono a mettere in discussione il concetto di impresa come sistema chiuso. Esse ci dicono chiaramente che, almeno per quanto riguarda i rapporti con i fornitori, l’impresa deve sempre di più fare i conti con il punto di vista dei propri stakeholder

Decisiva a questo riguardo l’assunzione di una prospettiva di medio termine, o per lo meno non di brevissimo termine, per valutare le implicazioni delle scelte di gestione aziendale, che dovrebbero dunque incorporare anche profili di stakeholder management, anch’essi finalizzati alla creazione di valore per tutti. Tutto di facile comprensione e condivisione, ma l’attuazione è un’altra cosa. Le norme costituiscono uno stimolo importante, e comunque imprescindibile, ed hanno la responsabilità di poter orientare, specie se ben fatte (e ciò non va dato mai per scontato), i comportamenti delle imprese nella direzione giusta.

In questa transizione, che si presenta non breve e comunque complessa, anche il sistema finanziario è chiamato a svolgere un ruolo importante, esercitando sulla propria clientela una disciplina di mercato che può integrare l’impulso della normativa. Un ruolo delicato, perché le banche stesse sono sottoposte a norme sulla sostenibilità, progressivamente sempre più severe, ma al tempo stesso, anche per ragioni di tutela degli interessi delle proprie comunità di riferimento, non possono “lasciare indietro” nessuno e ciò complica nel durante  le scelte relative alle politiche creditizie.

È curioso osservare che il factoring, strumento finanziario di supporto al capitale circolante delle imprese e dunque, salvo casi particolari, essenzialmente a breve termine, può svolgere, nei percorsi di sostenibilità delle imprese specie sul fronte dei rapporti con i fornitori, una funzione importante, perché è orientato a lavorare sulle relazioni della supply chain finance e dunque, anche in una prospettiva di medio termine, consolida l’attenzione sui diversi soggetti coinvolti.

Ciò è rafforzato dal fatto che i factor sono abituati a lavorare da sempre con due stakeholder differenti, il cedente e il ceduto, nei confronti dei quali contemperare i diversi interessi connessi alle transazioni commerciali sottostanti. Tutto ciò emerge chiaramente anche dall’importante documento sul ruolo dei fornitori nella SCF, predisposto dall’Associazione sulla scorta anche dei risultati dell’indagine sulla domanda di factoring, che è stato presentato nel corso dell’Assemblea da Diego Tavecchia.

In effetti, come dimostra la relazione annuale sul mercato del factoring, presentata dal Presidente Massimiliano Belingheri, anche nel 2023 l’industria, costituita da banche e intermediari finanziari specializzati, ha fornito un impulso ordinato e rassicurante al mondo delle imprese, in un momento difficile per la continuità dell’offerta bancaria, che sconta anche, sia pure in modo meno intenso rispetto a quanto sta accadendo in altri Paesi, una tendenza al debanking, descritta nell’articolo di Roberto Ruozi.

Ciò è avvenuto,  come segnala anche la relazione annuale della Banca d’Italia, nella sintesi preparata da Nicoletta Burini, mantenendo sempre una forte attenzione ai rischi. Il rapporto sofferenze/impieghi, ulteriormente ridottosi rispetto all’anno precedente, è risultato pari a 1,1% (1,5% per l’intermediazione finanziaria non bancaria nel suo complesso) e, secondo i dati della Centrale dei Rischi, il rapporto tra sofferenze rettificate e impieghi CR è risultato pari a 1,5%, quasi la metà rispetto all’intermediazione finanziaria non bancaria. Il factoring è, fino a prova contraria, un business a basso rischio e di ciò occorre tenere conto sia per valutare, nella prospettiva degli azionisti, l’attrattività del settore sia per mettere a punto i controlli, evitando forme di discriminazione.