Orizzonte regolamentare, cosa bolle in pentola
Le sfide poste dalla crisi pandemica hanno stimolato una risposta nazionale ed europea nuova e di straordinaria intensità, fonte di grandi innovazioni e opportunità, seppure accompagnata dalle consuete complessità, proroghe, incertezze interpretative e applicative
Le sfide poste dalla crisi pandemica hanno stimolato una risposta nazionale ed europea nuova e di straordinaria intensità, fonte di grandi innovazioni e opportunità, seppure accompagnata dalle consuete complessità, proroghe, incertezze interpretative e applicative.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) predisposto dal Governo per accedere ai fondi di Next Generation EU (NGEU), che si sviluppa lungo sei missioni ulteriormente articolate in sedici componenti e che include un pacchetto di riforme anche di contesto e strutturali (la pubblica amministrazione, la giustizia, la semplificazione normativa, la concorrenza), promuove un deciso cambio di rotta e soluzioni per il superamento della crisi e per la ripresa economica. Per l’Italia è un passaggio cruciale, dovendo anche recuperare il gap strutturale, economico, produttivo già presente pre-pandemia.
Il PNRR non contiene richiami specifici o passaggi applicabili in via diretta al settore del factoring ma, in virtù del ruolo svolto nel sostegno all’economica reale e di supporto alle imprese, presenta ambiti di contatto e possibile intervento da parte del settore di notevole ampiezza.
La strada tracciata da alcune delle riforme previste dal PNRR è perfettamente coincidente con lo spirito delle proposte di evoluzione normativa avanzate dall’industria del factoring negli ultimi anni.
La riforma della Pubblica Amministrazione, ad esempio, si pone l’obiettivo di semplificare norme e procedure con la finalità di eliminare i vincoli burocratici, rendere più efficace ed efficiente l’azione amministrativa e ridurre tempi e costi per cittadini e imprese. Tutto ciò passando attraverso anche un importante processo di digitalizzazione.
Questo obiettivo implica, fra le altre cose, l’eliminazione degli adempimenti non necessari o che non utilizzano le nuove tecnologie, il silenzio assenso, la reingegnerizzazione in digitale e la semplificazione di un set di procedure critiche selezionate.
Parallelamente si muove la riforma che include la semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni che è obiettivo essenziale per l’efficiente realizzazione delle infrastrutture e per il rilancio dell’attività edilizia.
In questo contesto dovrebbero trovare pieno riscontro e favorevole accoglimento le proposte associative inerenti alla cessione dei crediti vantati verso la Pubblica Amministrazione che hanno l’obiettivo di
- eliminare le formalità della cessione, che comportano costi per le imprese e allungamento dei tempi di accesso alla liquidità, valorizzando maggiormente gli strumenti digitali,
- superare il privilegio del rifiuto della cessione da parte dell’ente pubblico ceduto, introducendo criteri di maggiore equità per contemperare gli interessi pubblici e quelli delle imprese,
- razionalizzare il quadro normativo con una regolamentazione uniforme e più coerente con i principi generali della cessione dei crediti, allineandosi agli orientamenti giurisprudenziali che sanciscono la sostanziale neutralità della cessione per il debitore ceduto.
Il factoring, soprattutto con riferimento alle nuove configurazioni di prodotto che sfruttano l’evoluzione tecnologica e le piattaforme digitali, può rappresentare un grande alleato per la semplificazione dei processi di acquisto e di spesa della Pubblica Amministrazione. In una logica di supply chain finance, è possibile creare valore tanto per il debitore ceduto, che può razionalizzare il ciclo passivo interagendo con un unico interlocutore, quanto per le imprese fornitrici della PA, che ottengono vantaggi sia in termini di semplificazione amministrativa che di accesso al credito.
Fra gli ambiti regolamentari in rapida evoluzione, il posto d’onore va assegnato all’impianto normativo in materia di sostenibilità. Le autorità europee e nazionali stanno rilasciando, in un rapido susseguirsi, requisiti normativi, piani d’azione e linee guida per l’integrazione nell’attività dei fattori ESG (Environmental, Social and Governance). Con riferimento specifico alla finanza sostenibile, giova segnalare senza pretesa di esaustività gli interventi inerenti all’adozione da parte del Parlamento europeo del regolamento sulla tassonomia, un sistema di classificazione delle attività economiche sostenibili che ha l’obiettivo di promuovere gli investimenti del settore privato in progetti verdi e sostenibili, l’EU Sustainable Finance Package, un pacchetto di misure intese a favorire, riorientando l’interesse degli investitori verso tecnologie e imprese più sostenibili, i flussi di capitale verso attività sostenibili in tutta l’Unione europea, l’Action Plan definito da EBA per l’integrazione progressiva dei fattori ESG da parte degli intermediari creditizi e finanziari nelle strategie di business e nella gestione, valutazione e monitoraggio dei rischi entro il 2025.
Anche il settore del factoring si sta interrogando sulle modalità di recepimento delle citate normative ma ancor più, in un’ottica di prevalenza della sostanza sulla forma, sui servizi e i vantaggi rivolti alle imprese ESG e sugli spazi di sostegno e affiancamento delle imprese che devono affrontare la transizione ESG.
Nel corso dell’anno si sono seguite con interesse le sorti del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. La grave crisi economica generata dalla pandemia ne ha reso necessario il rinvio, prorogando l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 14/2019 al 16 maggio 2022.
Inoltre, il DL 118/2021, che ha disposto il rinvio, ha introdotto nuove misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale. Si forniscono, in particolare, agli imprenditori in difficoltà ulteriori strumenti, meno onerosi, per il risanamento delle attività che rischiano di uscire dal mercato. Si cita in particolare lo strumento di « composizione negoziata della crisi »: un percorso strutturato ma meno oneroso rispetto ad altri già previsti dal Codice con il quale si intende agevolare il risanamento di quelle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato. La scelta compiuta dal legislatore è quella di affiancare all’imprenditore un esperto nel campo della ristrutturazione, terzo e indipendente e munito di specifiche competenze, al quale è affidato il compito di agevolare le trattative necessarie per il risanamento dell’impresa.
Anche questo rappresenta un ambito in cui il factoring può fornire il proprio contributo, in ragione delle peculiari logiche di valutazione del rischio che gli consentono di sostenere anche imprese che hanno difficoltà di accesso al credito tradizionale e della capacità di valorizzare l’attivo circolante delle imprese ristabilendo l’equilibrio della struttura finanziaria.
Pur comprendendo le ragioni di fondo che hanno portato al disegno di legge, generano preoccupazioni le “Disposizioni per favorire la transazione agevolata delle posizioni classificate come crediti a sofferenza o ad inadempienza probabile” attualmente in discussione al Senato. Tali disposizioni prevedono il diritto del debitore, titolare di una posizione deteriorata, di essere previamente informato dell’intenzione dell’intermediario bancario o finanziario di cedere il credito deteriorato (cessioni NPL) e di richiedere una transazione stragiudiziale finalizzata al pagamento, a saldo e stralcio di quanto dovuto, per un importo prossimo al valore contabile netto dell’esposizione come risultante dall’ultimo bilancio approvato.
Le disposizioni si traducono sostanzialmente in una forma di “condono” dei debiti in sofferenza, condizionando l’autonomia contrattuale e “imprenditoriale” degli intermediari e la libertà di agire in giudizio. Le criticità sono diverse e la declinazione in ambito factoring di tale misura straordinaria, tenuto conto che l’operazione si fonda su crediti commerciali e che il soggetto con cui l’intermediario stipula il contratto di factoring non è il soggetto tenuto al pagamento dell’obbligazione commerciali (con le relative ricadute anche ai fini della rappresentazione contabile dell’operazione in relazione all’applicazione del principi contabili internazionali), può generare complessità anche rilevanti che meritano un attento approfondimento.
L’eventuale cessione del credito effettuata dall’intermediario in assenza della preventiva comunicazione sarà addirittura «da intendersi vietata ai sensi del comma 1 dell’articolo 1260 del codice civile». In merito si ritiene che tale impostazione comporti notevoli criticità. Il divieto della cessione è una sanzione eccessiva, che sarebbe opportuno sostituire con un rimedio modellato sul riscatto previsto in caso di violazione della prelazione legale, così da affidare la decisione in merito all’attivazione del rimedio al debitore, che lo azionerebbe esclusivamente nelle ipotesi in cui avrebbe ritenuto opportuno esercitare i diritti di cui al ddl e non anche negli altri in cui avrebbe deciso di non concludere la «transazione stragiudiziale».
In ottica esemplificativa e non esaustiva, chiudo questa breve panoramica di alcuni dei principali temi regolamentari monitorati dal settore nel corso dell’anno richiamando la nuova definizione di default (DoD) al centro di un acceso dibattito fra operatori finanziari e istituzioni, anche – ma non solo – in relazione alla mancata proroga auspicata da molti per superare la fase critica della pandemia e alla conseguente entrata in vigore il 1 gennaio 2021.
Con specifico richiamo al factoring, la definizione di default attualmente in vigore presenta modalità di calcolo dello scaduto e soglie del default che mal si adattano, in combinato disposto con l’interpretazione particolarmente stringente fornita dalla BCE, alle esposizioni derivanti da crediti commerciali, caratterizzate da dinamiche nei tempi di pagamento e nella gestione del rapporto molto diverse rispetto alle esposizioni finanziarie. Da ciò derivano le potenziali e pesanti ricadute negative sulle imprese per la classificazione automatica a default in caso di fatture scadute da oltre 90 giorni, senza alcuna correlazione con un downgrading del merito di credito dei debitori.
Alla luce di questo primo anno di applicazione, si auspicano per il 2022 interventi di limatura da parte di EBA per garantire una maggiore aderenza delle norme all’effettivo funzionamento del factoring e dei crediti commerciali.