È tempo di sostenibilità
Sostenibilità, la parola d’ordine imprescindibile in ogni dichiarazione ed analisi di comportamenti presenti e futuri di imprese, istituzioni, comunità, paesi. Mentre sogniamo un mondo dove la qualificazione “sostenibile” non sia necessaria, lottiamo contro luoghi comuni e fake news sulla sostenibilità, che ne ostacolano la diffusione. Porre il sistema finanziario al servizio del benessere collettivo è quindi una scommessa che è necessario vincere.
Sostenibilità ci appare oggi come la parola d’ordine imprescindibile in ogni dichiarazione ed analisi di comportamenti presenti e futuri di imprese, istituzioni, comunità, paesi. Mentre sogniamo un mondo dove la qualificazione “sostenibile” non sia necessaria (quale impresa vorrebbe infatti perseguire una strategia di sviluppo insostenibile? E quale policy maker adotterebbe mai linee di azione non sostenibili?), lottiamo contro luoghi comuni e fake news sulla sostenibilità, che ne ostacolano la diffusione (e quindi allontanano il momento in cui finalmente non ne parleremo più così tanto…). Eccone tre.
La sostenibilità? Bellissima! Ma noi non possiamo permettercela. Chi ne sosterrebbe i costi?
In una prospettiva economico-aziendale, la sostenibilità appare perfettamente compatibile con gli obiettivi dell’impresa. L’assunzione di una stakeholder view consente di ridurre drasticamente il trade-off tra sostenibilità e profitto.
Ambiente, persone, società sono interlocutori importanti e imprescindibili per le imprese e tenere conto delle loro esigenze può contribuire, in un orizzonte temporale adeguato, alla creazione di valore aziendale.
I pericoli maggiori? Shortermismo e green washing. Incentivi e accountability per depotenziarli.
Misurare la sostenibilità è inutile e praticamente impossibile. L’impatto è troppo ampio e molti effetti sono indefiniti. La sostenibilità è più che altro un principio generale a cui dobbiamo cercare nei limiti del possibile di aderire.
La teoria e le buone pratiche di management sottolineano con forza che la misurazione è la premessa per orientare i comportamenti delle persone e delle organizzazioni. “If you can’t measure it, you can’t improve it” (Peter Drucker).
Misurare la sostenibilità è dunque fondamentale ed è possibile, attraverso indicatori adeguati.
Come nel caso della misurazione delle performance aziendali tradizionali occorre poter contare su una base dati affidabile ed evitare di affidarsi ciecamente solo ad alcune isolate misure simbolo, ma piuttosto progettare un sistema di indicatori tra loro correlati per acquisire e governare una visione di insieme delle performance. La misurazione della sostenibilità è certamente impegnativa e può condurre ad aspettative non soddisfatte. Ecco perché spesso ci si accontenta di affermazioni generali, senza entrare nel dettaglio. La stessa Commissione europea ha affrontato solo da poco concretamente il tema della tassonomia della sostenibilità, con riferimento al profilo sociale degli investimenti.
La sostenibilità è un tema “alto”, che riguarda più che altro i consigli di amministrazione delle imprese, che devono assicurare la compliance rispetto alla normativa.
La diffusione di principi e comportamenti orientati alla sostenibilità richiede un approccio sistemico, che coinvolga anche i policy maker, gli azionisti, gli investitori e soprattutto il management e l’intera organizzazione aziendale. La governance è importante ma non può essere la soluzione di tutti i problemi. La politica può fare molto, delimitando il playing field nel quale le aziende affrontano la sostenibilità ma senza introdurre vincoli eccessivi. I cda non possono diventare organi di mero controllo della sostenibilità, soprattutto nel caso delle banche dove già l’impegno del board sulla compliance è particolarmente gravoso.
Il ruolo del management è fondamentale: il board si riunisce, nel migliore dei casi, qualche decina di volte l’anno ma sono i manager che con continuità possono dare tone&touch alla sostenibilità diffusa in azienda.
Questo numero di F&N è dedicato al tema della sostenibilità. Patrizia Giangualano ci presenta i principali contenuti dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. L’Agenda ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. PWC traccia il quadro normativo, ancora in forte evoluzione, per l’introduzione di un approccio ESG nel sistema finanziario e delinea il percorso ESG per il factoring, recentemente avviato con la collaborazione di ASSIFACT a beneficio delle banche e intermediari finanziari impegnati nell’attività di factoring. Il punto chiave, come emerge anche dall’intervista rilasciata a Fact&News da Alessandro Ricco, Vice Presidente di Assifact, è costituito dalla individuazione delle peculiarità del factoring in una prospettiva ESG. In effetti il factoring può dare un contributo importante, in virtù del supporto fornito alla crescita sostenibile delle imprese, con prodotti dedicati che fanno perno sulla natura asset based dello strumento, che consente di indirizzare meglio le risorse in chiave ESG. Ciò è confermato anche dai processi di origination&monitoring del credito, riferiti al factoring, oggetto dei lavori in corso sul tema LOM presentati in questo numero da Diego Tavecchia.
Porre il sistema finanziario al servizio del benessere collettivo è quindi una scommessa che è necessario vincere. E il factoring può fare la sua parte.